da: www.tribunatreviso.it | di Agnese Moro
Ai cittadini della Marca Gioiosa, Laboriosa e Generosa Per motivi di
lavoro faccio la strada che passa davanti alla casa della famiglia
di Bouchaib Louckraimi almeno 4 volte al giorno. È da questo inverno che
vedo un rudere con il tetto di nylon, che conosco da molti anni
per essere stato da sempre occupato da persone in difficoltà, con dei
giochi per bambini nello spazio antistante. Attualmente è recintato
da una rete oscurante verde e alla sera c’è una lucetta accesa e
un ombrellone multicolore che fa allegria in un posto così degradato. Il
mio pensiero incomincia a girare intorno al fatto che lì dentro ci
sono dei bambini. All’inizio di giugno circa, finalmente mi decido,
fermo la macchina e suono al cancelletto. Mi apre un distinto
signore seguito da due bambini di 1 anno e mezzo e 4 anni e una moglie
giovane e spaurita e scopro che sono della mia stessa razza, la
razza umana. Mi fanno entrare senza nessuna diffidenza e mi offrono
il primo dei tanti thè bollenti alla menta e iniziamo a conoscerci.
Bouchaib mi raccontra che è in Italia da 26 anni circa, anche lui
con le sue vicissitudini personali, familiari e soprattutto lavorative:
ha perso il lavoro per cui era regolarmente assunto. E così si
ritrova immediatamente ai margini, come molti dei “nostri,” perché non
riesce più a pagare l’affitto a Istrana e il passaparola gli fa
trovare questo alloggio di fortuna. Dentro, nonostante il degrado, è
tenuto tutto in ordine e pulito, la moglie lava i figli in secchi
d’acqua e prepara i pasti con i buoni della Caritas. Hanno tutti i
documenti in regola, Bouchaib ha versato regolarmente i contributi Inps,
mi mostra tutte le carte e incominciamo a parlare insieme se non è
il caso di trovare un’altra sistemazione, anche per i figli:
quello di 4 anni non parla ancora. Bouchaib mi raconta che quasi ogni
giorno vengono i vigili per dirli di sgomberare la casa, mi
racconta di essere andato dal sindaco per chiedere aiuto e lavoro, ma
questo gli ha suggerito di tornare in Marocco. In Marocco Bouchaib
dopo più di vent’anni, dice di non avere più nessuno e che ormai conosce
più italiani che marocchini. All’inizio di agosto accompagno il
signore al Com.Unico per regolarizzare la sua residenza, fare richiesta
di medico e pediatra, iscrizione alla scuola materna per i bambini.
Penso: all’atto della richiesta sicuramente usciranno i vigili di
nuovo, per valutare la già nota inagibilità della abitazione e
sicuramente verrà presa in considerazione da parte del Comune e dei
Servizi Sociali la condizione di disagio socio abitativa per una
adeguata successiva presa in carico. Le cose invece precipitano e
prendono tutt’altra direzione: in data 7 agosto vengo convocata dal
sindaco per avere spiegazioni in merito alla presentata richiesta
di residenza di Bouchaib. Mi presento accompagnata dalla mia famiglia e
due cittadini che avevano seguito la faccenda fin dall’inizio. Non
si istituisce nessun tavolo tecnico finalizzato alla soluzione del
problema come scritto sui giornali, ma durante l’incontro durato un’ora
circa viene continuamente ribadito il luogo comune che “come queste
ce ne sono a migliaia di situazioni” e che il comune non può far molto,
anzi, niente per tenere insieme la famiglia. Viene firmata
l’ordinanza di sgombero, senza dare ai presenti una sia pur minima
possibilità di trovare qualche soluzione alternativa. Lo sgombero viene
eseguito senza resistenza alcuna il 9 agosto. Adesso la mamma e i
bambini si trovano presso una comunità alloggio e il papà dorme prima in
macchina e si riesce a trovare tramite l’assistente sociale per le
emergenze di Treviso, un periodo di alloggio temporaneo presso il
dormitorio pubblico. Ci sarà in futuro una casa, un lavoro e la
possibilità di riunirsi per questa famiglia? Cosa mi ha spinto a
scrivere al giornale dopo aver scoperchiato una situazione ai limiti dei
diritti per l’infanzia e umanitari? In primo luogo la mia
coscienza, e in ordine successivo il mio codice deontologico di medico e
di pubblico ufficiale di fronte a una situazione di vera emergenza
sanitaria presente nel territorio dove esercito ormai da più di 30
anni. Aiutando Bouchaib a regolarizzare la sua residenza non mi è
mai passato per la testa di voler mettere in difficoltà il primo
cittadino, che proprio perché “primo” ha il dovere principale di
tutelare tutti quelli che vengono dopo di lui e versano in serie
difficoltà. Mi auspico che scaturisca il bisogno di un dibattito
pubblico e politico, un risveglio delle coscienze, per non perdere
l’occasione giusta, sana, pacata, equilibrata di trovare insieme, al di
là delle proprie posizioni di pancia, delle soluzioni di testa, per
le prossime mille e mille situazioni che si presenteranno
prossimamente ai Comuni, ai servizi Sociali. Adesso è compito della
buona politica parlarsi per il bene di tutti, perché un domani
potrebbe capitare ad ognuno di noi in difficoltà di trovarsi a dormire
in macchina, con la vita stravolta in un attimo, dopo una rapida e
veloce firma su un pezzo di carta, per rispettare la legge. Ringrazio
tutti coloro che mi hanno letto senza pregiudizi e, come si dice,
con il cuore in mano. Tutto questo a Preganziol, Treviso.